La stipsi, dal greco styphein (stretto), indica la difficoltà ad espletare le funzioni intestinali e rappresenta un problema molto diffuso nel mondo occidentale, in misura maggiore nelle donne e negli anziani.

La stipsi può esser cronica o acuta, a seconda della frequenza con cui si presenta. Ma quando possiamo davvero parlare di stipsi? Considerando sempre la variabilità individuale si tende a far rientrare come nella norma una frequenza che ricade nel range dalle tre volte a settimane fino alle tre volte al giorno.

Una volta che il medico ha raccolto i dati del paziente, appurato che non sia un sintomo di patologie più importanti, si può intervenire mettendo in atto diverse strategie terapeutiche che comprendono anzitutto lo stile di vita e secondariamente anche l’uso di lassativi.

Dieta ricca di fibre, acqua e movimento sono le basi da cui partire per contrastare questa problematica.

E quando questo non basta? I rimedi contro la stitichezza sono molti e spesso si ricorre all’uso di lassativi in modo casuale ma questi prodotti non sono tutti uguali. Alcuni, come ad esempio gli osmotici, agiscono senza irritare l’intestino ma richiamando acqua e aumentano il contenuto liquido delle feci; i formanti massa – come le fibre vegetali – aumentano il volume della massa fecale e la ammorbidiscono, ma a patto che vengano ingeriti con abbondante quantità di acqua.

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Lo sapevi che…

Oltre ai classici rimedi per la stipsi è importante cercare di impostare una corretta routine per l’evacuazione: rispettare il tempo necessario cercando di evacuare quando compare lo stimolo, senza trattenere.

Può aiutare molto anche appoggiare i piedi su un piccolo sgabello mentre si sta evacuando, in modo da portare le ginocchia sopra la linea dei fianchi.

Cause e sintomi

Le principali cause all’origine della stipsi possono ricondursi ad uno scorretto stile di vita (alimentazione squilibrata, insufficiente assunzione di acqua, di verdura e di frutta, stress, scarsa attività fisica e vita sedentaria), ma anche all’utilizzo di alcune classi di farmaci, ai cambiamenti delle proprie abitudini personali o delle condizioni climatiche (come, ad esempio, in caso di viaggi) oppure per la presenza concomitante di patologie gastrointestinali. Ovviamente sarà il medico a fare le opportune valutazioni in base alla condizione specifica della persona. 

La stipsi si associa ai seguenti sintomi:

  • Ridotta frequenza di evacuazioni (meno di tre alla settimana)
  • Emissione di feci dure (“caprine”)
  • Sforzo eccessivo e prolungato durante la defecazione
  • Senso di ostruzione o blocco anale
  • Sensazione di evacuazione incompleta (quando associata a sindrome colon irritabile).
  • Ricorso a manovre manuali o ausili tipo clisteri e supposte

La conseguenza più grave della stitichezza è rappresentata dal fecaloma, un accumulo di feci che si blocca in un tratto di intestino e che, nei casi più gravi, può causare a ischemia rettale e perforazione.

Nella maggior parte dei casi la stipsi è una condizione fastidiosa che può compromettere la qualità della vita di chi ne soffre ma che non reca pericoli per la salute.

Rimedi contro la stitichezza

Le fibre insolubili accelerano il transito intestinale e quelle solubili assunte con acqua aumentano il volume fecale. Il primo suggerimento, dunque, è quello di aumentare il consumo di fibre, prediligendo ad esempio pasta e pane integrale, maggior quantità di frutta, verdura e legumi.

Tra gli alimenti a più alto contenuto di fibre ci sono ad esempio:

  • crusca
  • prugne
  • carciofi
  • mandorle
  • fichi secchi
  • segale
  • kiwi

Nei pazienti che soffrono di IBS, sindrome colon irritabile, è bene prestare attenzione a non eccedere con le quantità di fibra perché potrebbero essere poco sopportate peggiorando gonfiore e flatulenza.

La dose raccomandata è di 25 grammi di fibre al giorno.

Infine, è importante assumere ogni giorno adeguate quantità di acqua e svolgere una regolare attività fisica in modo costante.

Quando necessario si può integrare la propria dieta con fermenti lattici o assumere come i lattobacilli.

Lassativi

I lassativi non sono tutti uguali e agiscono in modo differente. Gli stimolanti, ad esempio senna e rabarbaro, agiscono stimolando la motilità, probabilmente dando origine a riflessi locali e riducendo l’assorbimento d’acqua nel colon; i formanti massa – come lo Psyllum – legano l’acqua aumentando il volume fecale e riducendone la consistenza; gli emollienti fecali – esempio la paraffina – lubrificano e favoriscono la formazione di un’emulsione del materiale fecale rendendolo più soffice e facilitando il transito.

Lassativi osmotici: l’esempio del Macrogol

In questa categoria ritroviamo composti come il lattulosio (uno zucchero), i Sali di Magnesio e dei polimeri come il Macrogol.

I lassativi osmotici sono composti da una catena di molecole (polimeri lineari) che agiscono legando acqua nell’intestino, di conseguenza le feci aumentano di volume e stimolano i movimenti intestinali.

Un esempio di lassativo osmotico è il PEG o macrogol, un lungo polimero idrosolubile, disponibile in commercio anche privo di aromi e di elettroliti, che agisce in modo meccanico senza interferire, ad esempio, nelle persone che seguono una dieta povera di sale.

Questa classe di composti è definita inerte: non viene assorbita – se non in minima parte – nel tratto intestinale, non alterano l’equilibrio elettrolitico dell’organismo e pertanto possono essere assunti anche per lunghi periodi.

Uso costante di lassativi

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Da sottolineare, tuttavia, che in generale l’uso costante di lassativi è dannoso per la mucosa dell’intestino e ogni lassativo può presentare effetti indesiderati come la perdita di elettroliti. Inoltre, i lassativi possono interagire con altri farmaci ed è opportuno avvisare sempre il proprio medico.

Non assumere lassativi in caso di malattia – anche sospetta – intestinale e del colon.

Articolo scritto con il contributo di Alfasigma

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