Alcuni tipi di tumore hanno origine dall’infezione con particolari microbi cancerogeni. La prevenzione del tumore del collo dell’utero, ad esempio, passa attraverso la conoscenza e la lotta al papilloma virus o HPV – Human Papilloma Virus. Cerchiamo di comprendere il ruolo che l’infezione da papillomavirus riveste nella trasformazione tumorale delle cellule del collo dell’utero e come, grazie a screening e vaccino, si possa ridurre sempre di più incidenza e mortalità per questa patologia.

Cos’è il papilloma virus

Sotto il nome di papilloma virus si include un vasto gruppo di virus molto diffusi; ne esistono numerosi sottotipi di cui più di 40 possono provocare infezioni dell’apparato genitale femminile e maschile. Molti dei ceppi HPV sono definiti a “basso rischio” in quanto causano lesioni benigne, come ad esempio le verruche che compaiono sulla pelle oppure i condilomi che interessano le mucose genitali e orali.

Esistono, però, anche varianti ad “alto rischio” che possono indurre alterazioni cellulari delle mucose del collo dell’utero, della vulva, della vagina, dell’ano, del pene e dell’orofaringe che, in caso di infezioni persistenti e non curate, possono evolvere in lesioni tumorali.

Come si contrae il papilloma virus?

L’infezione da papilloma virus è la più frequente infezione sessualmente trasmessa – è sufficiente un contatto genitale – e colpisce maggiormente la popolazione femminile.
Le particelle virali si possono trovare all’interno di liquidi corporei come saliva e secrezioni genitali, ma sono veicolo di contagio anche tagli e abrasioni di pelle e mucose. Più raramente, alcuni HPV cutanei possono essere trasmessi indirettamente attraverso il contatto con superfici contaminate come ad esempio pavimenti di palestre o i bordi delle piscine.

HPV e tumore del collo dell’utero

Sebbene la maggior parte delle infezioni sia transitoria e si auto-risolva, si stima che il 50-80% delle persone sessualmente attive si infetti con il papilloma virus almeno una volta nella vita e che almeno il 50% si infetti con un virus di natura oncogena, capace cioè di favorire l’insorgenza dei tumori. Dei circa 150 ceppi di HPV che infettano l’uomo i ceppi HPV 16 e 18 sono coinvolti nella genesi tumorale. Sono comunque circa 30 i ceppi a cui si attribuisce la causa unica del carcinoma della cervice uterina (collo dell’utero).

Come riporta il Ministero della Salute:  «In Italia, il carcinoma della cervice uterina rappresenta il quinto tumore per frequenza nelle donne sotto i 50 anni di età e complessivamente l’1,3% di tutti quelli diagnosticati.»

Prevenzione

Fortunatamente il tempo di latenza tra infezione e insorgenza del tumore è molto lungo, e questo consente agli screening di individuare precocemente lesioni precancerose e neoplasie in stadio iniziale mediante l’esecuzione dello striscio cervico-vaginale. Dato che sia le infezioni che le lesioni possono essere asintomatiche, è necessario eseguire alcuni esami specifici per identificarle; pertanto, si raccomandano test di screening del tumore della cervice uterina (il Pap-test) e mediante l’HPV-DNA test in base alla fascia di età.

Il test HPV rappresenta un’indagine molecolare utilizzata per individuare il DNA del Papilloma Virus Umano (HPV), nelle cellule della cervice uterina; si esegue a partire dai 30 anni di età e in seguito, se negativo, si ripete ogni 5 anni.

Il Pap test è un esame citologico: le cellule vengono strisciate su un vetrino, successivamente colorato e analizzato al microscopio alla ricerca di eventuali cellule anormali. In Italia, i programmi di screening cervicale, attivati o in via di attuazione in gran parte delle Regioni, prevedono l’esecuzione di un Pap test ogni tre anni nelle donne tra i 25 e i 64 anni.

Lo sapevi che…

Il Pap test si chiama così in onore di George Papanikolaou, il medico greco che nel 1928 per primo intuì che il cancro alla cervice uterina potesse essere diagnosticato tramite il prelievo di alcune cellule vaginali.

Esistono ulteriori cofattori coinvolti nella formazione del tumore della cervice sono il fumo di sigaretta, il virus HIV, l’infezione da Chlamydia, il sovrappeso, la familiarità per carcinoma cervicale e la precocità e la promiscuità dei rapporti sessuali.

Il vaccino

Nel 2006 è stato approvato il vaccino contro l’HPV allo scopo di prevenire l’infezione, introdotto poi nei protocolli vaccinali. Il vaccino è in grado, infatti, di prevenire fino a quasi il 90% di tutti i tumori correlati all’infezione da HPV. I virus HPV sono responsabili di quasi la quasi totalità dei tumori del collo dell’utero, del 70% dei tumori della vagina, del 16 % dei tumori della vulva, del’ 87% di quelli dell’ano, del 29% di quelli del pene, del 25% di quelli della faringe e di circa il 20% dell’orofaringe. La vaccinazione è quindi raccomandata anche nei maschi.

Ad oggi, in Italia, la vaccinazione contro il papilloma virus è raccomandata e gratuita per le ragazze e i ragazzi a partire dagli 11 anni di età fino ai 26. Si è osservato, infatti, che il vaccino è maggiormente efficace se effettuato prima dei 16 anni e dell’inizio dell’attività sessuale. Tuttavia, da studi recenti si è osservato che il vaccino può prevenire le recidive nelle donne che hanno già incontrato il virus e sviluppato lesioni cancerose se viene somministrato entro i 12 mesi dal trattamento.

Vaccinarsi in età adulta

È quindi possibile richiedere il vaccino per il papilloma virus in età adulta, anche se la copertura è minore, fino ai 50 anni di età. Il vaccino non è terapeutico, ovvero non protegge dai virus HPV con cui si è già entrati in contatto, ma è comunque efficace nelle donne che si sono già sottoposte alla rimozione di lesioni pretumorali del collo dell’utero dovute ad HPV.

Contrastare il papilloma virus, dunque, è possibile: svolgendo periodicamente i controlli (Pap Test, Hpv Test) prestando attenzione al contagio con partener mediante sesso protetto e infine vaccinandosi.

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