La Giornata nazionale dedicata ai disturbi del comportamento alimentare accende i riflettori su disturbi tipici nelle fasce di età più giovani. Sempre più spesso, infatti, nei giovani si riscontrano problematiche come bulimia nervosa, anoressia e “binge eating”. Purtroppo, queste problematiche si accompagnano ad altre più gravi e spesso si possono ricondurre ad insicurezze, frustrazioni e scarsa accettazione di sé.

Ne parliamo con Elisa Stefanati, Psicologa, psicoterapeuta e giornalista.

Psicologa, psicoterapeuta e giornalista. Allieva del CMTF (Centro Milanese di terapia Familiare), ad approccio sistemico-relazionale, specializzata dal 2004 in psicoterapia individuale, familiare e di coppia ed iscritta dal 2000 all’ordine degli Psicologi-psicoterapeuti dell’Emilia-Romagna. Attualmente lavora presso l’ospedale privato Quisisana di Ferrara. Ha frequentato un master di specializzazione in Fototerapia psicocorporea divenendo Fototerapeuta, è psicoterapeuta EMDR per il trattamento del trauma. Da giornalista scrive e si occupa di salute, benessere psicofisico e medicina anche in ambito divulgativo e scientifico.  Ha condotto format televisivi in questo ambito e recentemente ha condotto un programma di medicina (Lifeness) con Susanna Messaggio, sia su digitale terrestre che in passato su piattaforma Sky. Oltre a Ferrara, svolge attività di psicoterapeuta anche a Bologna e Milano collaborando presso studi privati di Milano.

Dottoressa Elisa Stefanati

Social, filtri e chirurgia estetica

In una società incentrata su canoni di bellezza sempre più irraggiungibili, i ragazzi sono spinti a cercare strategie di qualunque tipo pur di ottenere un apprezzamento unanime ed un maggior numero di like sui loro profili social. Al giorno d’oggi, però, lo stereotipo più comune di bellezza è inteso come fisico molto magro ed esile e questo si traduce in diete drastiche e dannose che sfociano perfino in veri e propri disturbi alimentari. Dottoressa, secondo la sua esperienza, realmente il mondo dei social media può influire così tanto?

“Innanzitutto va ricordato che i fattori che contribuiscono allo sviluppo dei DCA sono complessi e includono: componenti biologiche, ad esempio anomalie di alcuni neurotrasmettitori come la serotonina; componenti psicologiche, quali esperienze pregresse di perdita, maltrattamento o abuso ed interazioni disfunzionali “bambino-caregiver” che influiscono sull’autostima e che possono correlare con ansia, depressione, insicurezza e tendenza al perfezionismo; componenti socio-culturali, che includono  pressione sociale per il raggiungimento di ideali di bellezza spesso utopistici e per il perseguimento di successo e perfezione ad ogni costo.

Bisogna tener conto di come i ragazzi di oggi siano sottoposti, fin da bambini, alla pressione di media e modelli sociali che diffondono una precisa idea di bellezza, ispirata non solo alla magrezza ma anche al controllo dell’immagine. Tantissimi adolescenti trascorrono ore a scattare foto e selfie che, prima di essere pubblicati, vengono rigorosamente manipolati ed elaborati con programmi e filtri specifici, per eliminare ogni difetto. Tutti possono apparire perfetti grazie ai filtri social, anche le star più amate dal web sembrano essere state contagiate da questa mania, ma per i ragazzi, che spesso vivono in funzione del numero di like ricevuti, il fenomeno può rivelarsi molto pericoloso.”

Oltre alla dipendenza dai filtri per i fotoritocchi, in questo periodo assistiamo anche ad un altro fenomeno, ossia il ricorso a trattamenti di medicina estetica molto precocemente, addirittura sotto i 18 anni. Cosa si nasconde dietro questo meccanismo e come dovrebbe essere gestito dai genitori?

“Questo meccanismo può rappresentare un possibile segnale di insicurezza personale che porta ad un disturbo specifico, definito “dismorfismo corporeo”, che in tal caso è caratterizzato dal ricorso continuo ed eccessivo ad interventi chirurgici non giustificati da necessità mediche.

La persona è spinta all’intervento per migliorare il proprio aspetto e di conseguenza acquisire maggior sicurezza in sé. In seguito allo svolgimento dell’intervento, però, la soddisfazione e le emozioni positive a riguardo hanno una durata minima e le emozioni negative tornano a prendere il sopravvento insieme al desiderio e alla necessità di ricorrere ad un altro intervento, che non sarà l’ultimo. La possibilità di fare molte operazioni per apportare modifiche al proprio aspetto, attenua nella persona i sentimenti negativi ed è vista come una via di fuga da essi, anche se in realtà è solo un sintomo che nasconde un bisogno più grande.

Tutti i risultati portati dalla medicina estetica non soddisferanno mai completamente la persona, che continuerà a presentare un’ossessione rispetto alla propria apparenza fisica, senza affrontare l’eventuale problema psicologico che ne sta alla base.

Ognuno di noi può presentare insicurezze riguardo al proprio aspetto estetico o fisico, che possono ripercuotersi negativamente sull’umore o sull’equilibrio emotivo della vita quotidiana. Attraverso l’applicazione di filtri, fotoritocchi ed attraverso il ricorso alla medicina estetica, si ha la sensazione e l’apparente possibilità di migliorare la qualità della vita agendo sui punti estetici che si percepiscono come deboli e che di conseguenza creano disagio nel rapporto con sé stessi.

Se messo in atto come intervento finalizzato ad un miglioramento del benessere personale, il ricorso a questi espedienti può rappresentare una possibilità personale che funziona e aiuta; tuttavia, in alcuni casi, dietro al ricorso alla medicina estetica vi sono motivazioni intrinseche che spingono la persona ad agire non razionalmente e mettere in atto interventi che non hanno più come motivazione di base il proprio benessere.”

Molti giovani manifestano il desiderio di somigliare ad alcune persone “famose”. Esiste il rischio di scambiare il virtuale per reale?

“Un’altra circostanza in cui la chirurgia estetica risulta essere “eccessiva”, è rappresentata dalla richiesta di alcuni pazienti di voler somigliare ad un’altra persona, magari una persona “famosa”. Con questo, però, non si intende il mostrare una foto evidenziando quale tratto estetico si vuole modificare o cercando di far comprendere al chirurgo il proprio desiderio, ma ci si riferisce proprio all’uso di un’altra persona come modello unico e stereotipato da perseguire.

Sempre più spesso le persone, nel rivolgersi al medico estetico, richiedono di effettuare correzioni della propria immagine partendo proprio da una foto di sé stessi, ritoccata e manipolata con i filtri. Una vera e propria immagine virtuale ed ideale che nella realtà non esiste. Risulta inoltre importante considerare che questi “eccessi” nel ricorso ai filtri ed alla medicina estetica richiedono tantissimi interventi, che portano con sé anche un dispendio economico importante.

Dietro questo desiderio è celato spesso un senso di inadeguatezza psico-fisica che sarebbe meglio analizzare prima di mettere in atto cambiamenti ai quali non vi è possibilità di rimediare. Il rischio è quello della non-reversibilità di certi interventi, quello di scambiare il reale con il virtuale e quindi vedere il mondo come una fiction, come da un palcoscenico.”

Riconoscere i campanelli d’allarme

Quando tutto questo diventa pericoloso e quai sono i campanelli d’allarme che i genitori dovrebbero attenzionare?

“L’aspetto patologico si manifesta nel momento in cui si inizia a vivere in funzione del proprio difetto fisico, che diventa un chiodo fisso nella testa, tanto da condizionare i rapporti con gli altri, le uscite con gli amici, arrivando ad intaccare anche l’umore.

I genitori possono avere un ruolo importante: è fondamentale essere accoglienti e non giudicanti per riuscire ad accompagnare i propri figli verso un percorso di accettazione di sé stessi e del proprio corpo.”

Quali ulteriori segnali di disagio si possono “leggere” nel corpo di un adolescente?

“Non tutti si accorgono che, spesso, il bisogno di esprimere sofferenze e disagi passa soprattutto attraverso il corpo. Assistiamo ad un aumento preoccupante di casi di autolesionismo tra i giovani: gli adolescenti si tagliano, si bruciano e questi quadri psicopatologici sono in preoccupante aumento. Purtroppo, vi è anche la tendenza ad usare la propria pelle come una tela, ci si fa prendere la mano da tatuaggi, piercing ed altre applicazioni che se fatte in giovane età ed in maniera eccessiva rischiano di diventare un’arma a doppio taglio nel futuro, obbligandosi a vivere in un corpo che poi si potrebbe non riconoscere più come proprio.

La presenza costante dell’adulto che svolge la funzione di regolatore e mediatore delle emozioni è fondamentale. Attenzione: presenza non significa controllo, ma uno sguardo attento, accogliente, che incoraggi il dialogo, la condivisione, la partecipazione curiosa alla vita dei figli, tenendo il più possibile fuori il giudizio. Ai ragazzi deve anche essere concesso di sbagliare, di compiere atti di ribellione con il chiaro intento di costruire il senso di responsabilità. Non è mai giusto sostituirsi ad un figlio o pretendere che non sbagli mai, perché anche l’errore può essere un grande maestro di vita.

Bisogna dare sempre delle regole, fare un patto con i figli su ciò che è ammesso e ciò che non lo è. Il giovane deve imparare cosa significa misurarsi con la norma. Se si dà loro delle regole ed un contenitore, come possiamo pensare che sappiano distinguere tra ciò che è giusto e sbagliato, o pericoloso o se può far danno a sé stessi o agli altri? Solo misurandosi con le regole i ragazzi sapranno sviluppare il proprio senso di colpa e assumersi la responsabilità e le conseguenze delle proprie azioni. Questo significa costruirsi degli “anticorpi” per far fronte agli insuccessi ed imparare a diventare adulti responsabili.”

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