In Ucraina sta avendo luogo un’emergenza umanitaria senza precedenti, che desta in tutti noi sgomento e preoccupazione. Carenza di acqua, cibo e assistenza sanitaria stanno colpendo centinaia di migliaia di persone e, in questo momento, la solidarietà è più che mai percepita come un’urgenza.

I volontari della Croce Rossa si sono attivati immediatamente per dare il via a un ponte umanitario che, con una media di due convogli a settimana, porta aiuti alle popolazioni colpite. Ed è con emozione che abbiamo il piacere di intervistare il Vicepresidente e Consigliere Nazionale di CRI, Rosario Maria Gianluca Valastro, per fare il punto sulla drammatica situazione e sul ruolo della Croce Rossa.

Vicepresidente e Consigliere Nazionale di CRI, Rosario Maria Gianluca Valastro

Al momento si stima che a causa del conflitto in Ucraina circa 18 milioni di persone necessitino di assistenza umanitaria. Mancano sempre più acqua, cibo e elettricità. L’accesso ai farmaci essenziali e alle cure mediche è difficoltoso. In merito a questo ultimo aspetto come state intervenendo?

“Nelle fasi così emergenziali si dice che la prima vittima sia la verità, ma le stime tuttavia sono credibili. C’è un numero costante di persone che fuggono, purtroppo è segnalato anche un traffico di donne e bambini. In merito all’intervento abbiamo deciso in primo luogo di donare fondi. La parola efficienza deve tornare a braccetto con l’umanità: il primo dei nostri principi. Abbiamo fatto l’unica eccezione sulla raccolta per farmaci, parafarmaci e presidi sanitari e per l’infanzia, perché si è manifestata una forte esigenza, fin da subito. Proprio per questo abbiamo chiesto di donarli – sempre nel rispetto delle norme – perché per noi era davvero importante.

La CRI agisce come una grande famiglia internazionale e abbiamo avuto il privilegio di conoscere le reali necessità attraverso la Croce Rossa ucraina in primis, ma anche polacca, rumena, ungherese ecc.

In emergenza spesso si rischia di voler interpretare i bisogni degli altri, noi lo abbiamo chiesto direttamente a chi è sul campo, perché riteniamo che il bisogno non vada interpretato. Abbiamo una particolare attenzione ai presidi sanitari nelle zone di conflitto – protetti dalla convenzione di Ginevra – per quanti sono vittime di incidente o sono fuggiti.

L’approvvigionamento di farmaci e di materiale sanitario, del resto, è quanto mai essenziale nei momenti di conflitto. Quando c’è un intervento armato, le norme vigenti di Diritto Internazionale Umanitario stabiliscono che i civili non devono costituire il bersaglio, così come a maggior ragione non devono costituirlo i presidi sanitari.  Colpire un presidio sanitario o avere un presidio sanitario sfornito di farmaci e materiale necessario, equivale a colpire quanti potrebbero trovarvi soccorso e cura.”

Avete mai dovuto fronteggiare, nella storia più recente, momenti come quello del bombardamento del vostro edificio a Mariupol?

“Purtroppo, sì, è accaduto altre volte che venisse bombardata una sede di Croce Rossa. Ho avuto personalmente la possibilità – qualche anno fa – di recarmi in Bosnia Erzegovina, dove la Croce Rossa Italiana ha contribuito alla ricostruzione dell’edificio del Comitato nazionale della Croce Rossa di Sarajevo, in particolare ricostruendo il tetto. Questa sede era stata bombardata durante la settimana della Croce Rossa, non è stato un fatto casuale, fu colpita in maniera consapevole. Così come venne bombardata la Biblioteca Nazionale di Sarajevo, proprio il giorno che festeggiava i cento anni dalla posa della prima pietra.”

Può accennare alle decisioni più difficili che avete dovuto prendere in questo frangente?

“La prima scelta complicata è stata quella di convogliare l’emozione e la generosità delle persone nei giusti binari, perché in un momento di grande attenzione bisogna avere il coraggio e anche la fermezza di dire quello che serve realmente. I primi giorni del conflitto siamo stati invasi da offerte di coperte, abiti e altri beni.

Può risultare anche impopolare richiedere donazioni in denaro o donazione di farmaci, perché siamo consapevoli che nelle nostre memorie di italiani ci possono essere emergenze nazionali e internazionali, i cui fondi non sono stati utilizzati efficacemente o addirittura lecitamente. Ci siamo adoperati per fornire l’indirizzo del nostro sito web, mostrando la trasparenza di come abbiamo utilizzati i fondi dell’emergenza: garantire di aver portato a frutto queste donazioni.

L’altra complessità è stata capire come e quando effettuare le missioni all’interno del paese ucraino, garantendo la sicurezza degli operatori: un aspetto di prima priorità. Non si mandano kamikaze allo scontro, ma si parte solo se ci sono determinate garanzie. Siamo riusciti, comunque, insieme alla Croce Rossa Danese, ad arrivare entro i confini. Abbiamo effettuato diversi interventi, donando farmaci, tre ambulanze, evacuando persone vulnerabili e proprio in queste ore è terminata un’altra missione di evacuazione.

Organizzare un presidio ospedaliero mobile è un altro progetto, ma al momento non abbiamo le garanzie per portarlo avanti. L’esperienza insegna che prima o poi l’emozione scema, ma l’emergenza resta, sui luoghi e sui milioni di sfollati. L’operazione di aiuto durerà nel tempo ed entrerà in gioco la serietà e l’affidabilità nel tempo dell’associazione umanitaria.”

Riesce a darci un quadro, per quanto riguarda i profughi già in Italia e previsioni rispetto al flusso previsto?

“C’è un flusso enorme di profughi, milioni di persone che necessitano di tutto. L’Unione Europea dovrà occuparsi della distribuzione fra gli stati membri, ritengo sia molto importante gestire il flusso migratorio e trasformarlo in umanità. Non bisogna, al contrario, lasciarsi gestire dal fenomeno.

Ci sono inoltre gli arrivi di piccoli nuclei, costituiti da donne e bambini, perché gli uomini non possono uscire dai confini. Questi arrivi al momento sono gestiti dalle Regioni, con delega ai Comuni. In questo contesto locale possiamo operare, invece, con la raccolta di beni materiali come gli abiti, le persone hanno portato con sé solo una valigia e necessitano di tutto. Abbiamo inoltre coinvolto centinaia di persone che già vivono in Italia e che conoscono la lingua ucraina, per operare come volontari facendo da interpreti.”

Possiamo solo immaginare la complessità del sistema dedicato a fronteggiare questo impegno straordinario, con tutte le altre emergenze in corso in Italia, e nel mondo. Può spiegarci qualcosa sull’organizzazione di un sistema così complesso, come quello di Croce Rossa?

“Siamo organizzati in tre livelli: a livello locale con i comitati – siamo presenti con quasi 700 comitati sul territorio, a livello regionale e infine nazionale che si occupa di strategia e rapporti con le istituzioni.

Il comitato di Croce Rossa è a tutti gli effetti un’associazione di volontariato che opera in un comune o nelle città metropolitana ed è legato a doppio filo con la Croce Rossa, rispettandone lo statuto. All’interno del singolo comitato, operano i volontari, con un’organizzazione flessibile sul territorio. I volontari eleggono i loro rappresentati e ne stabiliscono la strategia, valutando i bisogni e le azioni da compiere sul territorio. Le vulnerabilità sono ovviamente diverse a seconda delle realtà. Le sedi della Croce Rossa sono presenti in modo radicato e capillare e – tramite il Comitato nazionale – sono in costante collegamento.”

Come si tutelano i volontari che operano in situazioni particolarmente drammatiche? Sono previsti momenti di defusing o in generale di sostegno psicologico?

“Abbiamo attivato da diversi anni il servizio di supporto psicologico, svolto da personale qualificato, nato inizialmente per supportare la popolazione vulnerabile e che poi si è trasformato in supporto psico-sociale al volontario o dipendente, impegnato in operazioni complesse come, ad esempio, durante l’assistenza in un conflitto.

Al momento c’è un servizio attivo sia per le persone che sono fuggite dall’Ucraina, sia per le persone coinvolte come volontari.”

In questi ultimi due anni, gli eventi che ci siamo trovati ad affrontare hanno inesorabilmente cambiato la percezione della vita di ognuno di noi. Questo si è tradotto in un aumento del numero di volontari temporanei?

“Sì, è accaduto e ce lo aspettavamo. Non è un dato che ci coglie impreparati, la presenza dei volontari cresce come risposta all’emergenza, abbiamo superato i 160 mila volontari.

Durante il periodo più critico della pandemia abbiamo avuto nel giro di un mese ben cinquanta mila iscrizioni. Le persone hanno voluto donare le loro braccia e la loro testa, in un momento in cui per il lockdown non si poteva uscire di casa. Che abbiano scelto la Croce Rossa – proprio in quel momento – è stato per noi un atto di enorme fiducia.”

Raccolta farmaci per Emergenza Ucraina

La Croce Rossa ha bisogno di tutto il sostegno possibile e con grande emozione e orgoglio LloydsFarmacia è a suo fianco, attraverso una campagna di raccolta di farmaci e parafarmaci, destinati alle persone colpite dal conflitto in Ucraina.

La campagna sarà attiva dal 9 al 30 aprile: basterà aggiungere agli acquisti un farmaco da banco o parafarmaco – indicati tra quelli più necessari dalla Croce Rossa.

Quanto raccolto nelle farmacie si aggiungerà al carico di farmaci già donati da LloydsFarmacia e arrivati in Ucraina e nei territori di frontiera nei giorni scorsi.

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